MOSTRA PITTORICA DI PAOLO DE FELICE
A CURA DI LUIGI DATI E GIANCARLO COSTANZO
TESTI DI GIAN RUGGERO MANZONI, PIA PISCITELLO, LUIGI TALLARICO, EMILIANO DANTE
CATALOGO PALLADINO
EDITORE 2013
a
sostegno della campagna :
“Libera la ricerca sulla CCSVI e sulla Sclerosi Multipla!”
"Paolo
De Felice e il passato che passa"
(di Luigi Tallarico)
Il
linguaggio di Paolo De Felice, in quanto teso ad una tensione
espressiva, tra interiorità e ragione, tra l’attenzione
dell’attuale e la conoscenza delle poetiche tradizionali, ha fatto
chiarezza sulla ritornante querelle che vorrebbe stabilire un
valore positivo degli antichi sui moderni e viceversa.
Tuttavia il
messaggio di De Felice non contempla la visione di una immagine
eternista e senza tempo, nel presupposto che quel tempo non
sia “maimorto”, ma si riferisce piuttosto ai passaggi evolutivi
delle espressioni, assunte nel tempo e rapportate alle nuove
concezioni di vita.
Infatti, in De Felice, i passaggi linguistici,
dall’antico al moderno, dai primitivi ai surrealisti e
aimetafisici, confermano che nei secoli vi sono stati continui
riattraversamenti, diretti e indiretti, di quei linguaggi specifici
del tempo, che pur senza assumere una idea di poetica e/o i simboli
dello stile storico, sono stati di volta in volta superati, adeguati
o del tutto espunti dall’espressività artistica, quasi
sempre a causa di quanto accadeva – prima di Freud e dopo Socrate –
al di sotto della coscienza.
D’altra parte, è da ricordare
che i grandi modernisti dell’arte e della letteratura del nostro
tempo (T.S. Eliot, nella poesia; Balla, nella pittura; Medardo Rosso,
nella scultura; Terragni, nell’architettura) non hanno contestato
la maturità del “già stato”, ma se ne sono serviti
nella considerazione che il “continuo vivente” della tradizione
dovesse passare nella contemporaneità.
Del resto l’etimo
latino di traditio si riferisce al passaggio e non alla sosta
che invece bloccherebbe lo svolgimento e la linea di continuità
dell’espressione artistica.
Con questa consapevolezza, ma senza
escludere l’oscura presenza di un archetipo che allude al moderno e
all’antimoderno, Paolo De Felice ha reinterpretato le figure
attraverso una espressione bivalente, sia plastica che cromatica, a
dimostrazione che il linguaggio è mediato dalle poetiche del
presente storico.
D’altronde i suoi pannelli si presentano in forma
di sinopia e in cui il disegno preparatorio, segnato sulla tormentata
materia, anticipa le linee di un affresco d’altri tempi, mentre le
dolenti figure, distaccate architettonicamente dal fondo brulicante
di segni arcaici, rivelano, con la dualità espressiva, la
diversità dei tempi di realizzazione, tra l’ideazione
originaria e il richiamo della coscienza del tempo.
Ha sostenuto
Federico Nietzsche che la “piena cognizione dell’origine aumenta
l’insignificazione dell’origine stessa”.
Dall’allegoria
possiamo trarre il convincimento che la rivisitazione-ricreazione
degli elementi originari, come rappresentati nei pannelli di De
Felice, ha vivificato in termini d’arte i nuovi canoni linguistici,
soprattutto i segni enigmatici di una bellezza che non ha perduto il
suo fascino, ma che nel passaggio dal surreale allametafisica e al
realismomagico, ha avvertito i richiami della coscienza inquieta,
insignificando le forme originarie senza più calore nè
vita.
Lo storico francese Marc Fumaroli, impegnato nella “Disputa
degli antichi e dei moderni”, ha riferito sull’attraversamento
della tradizione come condizione per viverla nel presente, a meno che
non si debba rigettare – ha osservato testualmente – “la sua
scipitezza e il suo psittacismo”, che sono elementi negativi da
attribuire alla crisi dei linguaggi e non alla realtà che
passa.
Dopo questa riprensione, appare comprensibile l’altra
“provocazione”, lanciata da Nietzsche al “secolo molle”:
“Soltanto colui che costruisce il futuro ha diritto di giudicare il
passato”.
In questa “disputa” sul moderno-antimoderno e sul
ritorno all’antico, un prezioso contributo critico ci viene fornito
dal Maestro Antonio D’Acchille (non a caso mediatore entusiasta
dell’incontro con l’arte di De Felice) per avere scelto – con
il “piacere della pittura” – la via della storia, ossia di una
pittura rinnovata perché sostenuta al di fuori dei linguaggi
della “cosa stabilita”, non più aderente all’estetica
del nostro tempo. Infatti, come D’Acchille ha attraversato, dal
versante della “nuova maniera”, il secolo “feroce e sublime”
di Galileo e Cervantes, per ritrovare nei miti originari la
persistenza dei valori estetici della moderna-antimodernità,
così Paolo De Felice (fatte salve le peculiarità
espressive dei due artisti) ha considerato la storia un continuo
presente e perciò in grado di rinnovare i valori originari se
e in quanto spiritualmente viventi.
Luigi Tallarico
Cenni
biografici
Paolo De Felice è nato a L’Aquila il 5 aprile 1973. Diplomato presso l’Istituto d’Arte si è poi laureato in letteratura.
In un percorso inquieto e zigzagante, ha indossato i panni del musicista, del libraio, del grafico, del restauratore, del tuttofare e dell’attore. Ha deciso di mettere seriamente la pittura al centro della sua ricerca espressiva nel 2011, dopo aver abitato al trentanovesimo piano di una metropoli come Tokyo e, poco dopo, nella terza tenda di una tendopoli della Croce Rossa al centro di L’Aquila.
La sua è una pittura intimista, raccolta, metà sfogo e metà sublimazione, metà espressione immediata e metà sintesi ragionata. Pone particolare attenzione nell’uso della materia, incisa e sedimentata, una grafia multiforme e cementata in ordine sparso come una scrittura interlocutrice e insieme interplanetaria.
“Figure”, il suo primo ciclo pittorico, consta di circa cento lavori realizzati tra il 2011 e il 2012.
La sua prima personale, 2-0-1-1, è stata presentata a L’Aquila e poi riproposta e ampliata presso il Mediamuseum di Pescara. Ha partecipato a varie mostre e rassegne d’arte, tra le quali: XXXIX Premio Sulmona - rassegna internazionale d'arte contemporanea (Polo Museale Civico, Sulmona); Pescarart 2012 (Museo d’Arte Contemporanea Vittoria Colonna, Pescara); Orizzonti dell’arte contemporanea, (Fondazione Museo Venanzo Crocetti, Roma).
Vive e lavora a L’Aquila.