PITTORE
NINO BARONE
Nino
Barone introduce nei suoi quadri un codice
linguistico costituito da elementi indicatori
come il percorso, il raccordo,
la biforcazione, l’incrocio e l’interruzione
di direzione. Questi indicatori sono organizzati
secondo l’emergenza delle forme d’azione
attribuite agli spostamenti energetici e hanno
la valenza di “frecce spazio-temporali”. Poiché
l’universo artistico di questo autore è composto
da segni, o da tratti, penso che si possa
affermare che egli sia un pittore che cerca
nella continuità del segno concettuale
originario la sua poetica visiva. Deve
essersi soffermato a riflettere sulla velocità
della comunicazione e, forse, per questo ha
individuato, e introdotto come segno
distinguente della sua pittura, quei media
che hanno velocizzato la comunicazione e che noi
potremmo chiamare strade e assumerle a
rappresentazione con dei tropi in sostituzione
delle informazioni energetiche elementari. La
“strada asfaltata” [o quel tratto nero],
infatti, può essere considerata anche una
metafora della nuova realtà urbana, e, nel
frattempo, può essere assunta come ciò che
collega il vecchio mondo del rappresentare col
nuovo mondo del configurare relazioni. Il segno
della strada, nei quadri di Nino, oltre a
mettere in comunicazione — o a separare —
universi che hanno dei legami, diventa anche una
traccia per edificare (o codificare) le sue
architetture linguistiche, tra l’atavico o il
primordiale e il coevo proiettato verso futuro.
L’arbitrarietà
permette
di attribuire al valore energetico del tratto un
codice linguistico utile a configurare probabili
relazioni in movimento, specie per le insolite
rappresentazioni di quest’artista. Sappiamo per
certo che egli inserisce alcuni tratti, o segni,
come se fossero gli archetipi di un codice
linguistico; — questa convinzione deriva
dal fatto che egli è stato uno dei firmatari del
primo manifesto del movimento Archetip’art.
L’artista
Barone,
così, dà corpo al suo universo cognitivo,
facendo emergere relazioni concettuali nelle
costruzioni di mappe artistiche con gli
Aquiloni. Il suo è una commistione di un
tratto topografico e di un segno antropologico;
e potrebbe rappresentare il raccordo tra se
stesso — uomo progressista — e gli archetipi
del suo codice operante nell’ambiente
spazio-temporale presente. Il codice, che egli
ha riconosciuto ancora attivo in questo tempo
storico, è vicino a quanto è stato individuato
in semiotica come segni primordiali o
“idioletti”. La visione junghiana della vita,
mediata attraverso i segni linguistici (della
semiotica), l’artista la incontra iscritta in sé
e nel proprio ambiente relazionale [che potrebbe
essere la città in cui vive, Termoli] con cui il
suo organismo è in continuo aggiustamento
strutturale. Nino “si sente” testimone,
trascrittore e interprete di questi continui
cambiamenti, i cui segni si manifestano nel suo
corpo, nella sua psiche, nella sua città, e
nell’ambiente relazionale entro cui egli agisce.
Gli eventi segnalano che la cognizione può
essere rilevata attraverso un quadruplice
percorso; ognuno può essere scelto accentuando
una caratteristica energetica che si muove tra
l’individuale-organico, il sociale, il relativo
e il relazionale. Così incontro il “racconto” di
Nino, tra le suggestioni e le fascinazioni
che colpiscono uno dei miei modelli
dell’organizzare. Da uno stimolo una
traccia emerge con le proprie mappe cognitive e
si dispiega in ordine spazio-temporale. Seguo la
struttura. Attraverso quei paradigmi, percepisco
l’organizzarsi del racconto, di una storia,
quella di Nino, a cui si sovrappone
[Paul Dirac], o con cui interagisce, la mia. Le
strade “rappresentate” da strisce di segni ora
si trasformano in storie di canali, che
raccordano luoghi, e fanno transitare energie.
Ecco che
l’estetica di Barone — meglio sarebbe
oggi denominarla, più appropriatamente, il suo sentire,
— si presenta come un’organizzare mappe.
Egli, infatti, costruisce la sua topologia
grafica attraverso citazioni di strade
energetiche che possono apparire urbane solo
quando affiora la rappresentazione coi
collegamenti culturali; utilizzando, cioè, quei
segni linguistici del percorso, del raccordo,
della biforcazione, dell’incrocio
e dell’interruzione di direzione, intesi
come elementi linguistici. Solo in questo modo
le cognizioni correlate ai ricordi di una persona
— [o meglio sarebbe dire di un sistema
biologico vivente (?)] — possono
librarsi in alto come “aquiloni”, e possono
manifestare mappe energetiche di azioni,
e di comportamenti in ambienti relazionali.
Barone è
cosciente, anche, che qualsiasi misurazione è
relativa e variabile. La sua misurazione
soggiace alle leggi fisiche della teoria
dell’informazione — che, in breve, prevede
un osservatore che spedisce un messaggio in
codice e un altro che lo percepisce e lo
traduce; tutto avviene per la presenza fisica
dell’informazione negli stimoli sensoriali, che
sollecitano il riconoscimento di una cognizione.
Sappiamo
che nel nostro universo relazionale, il senza
luogo appartiene solo all’arte o alla fantasia.
Con
Barone ci collochiamo nella scia degli artisti
concettuali che fanno arte attraverso le
interrelazioni espresse con un “calcolo logico”,
diverso dalla rappresentazione. Le sue
rappresentazioni di segni seguono l’ordine delle
strutture logiche. Col calcolo degli indicatori
di frequenze si può risalire sia a quanta
energia è impiegata per raggiungere un
obiettivo, sia quanto spazio-tempo può
percorrere una forza organizzata in informazione
in un canale comunicazionale, e sia quante resistenze
[alias rumori] in questo canale incontra
l’informazione per arrivare integra e
raggiungere la propria funzione comunicativa al
destinatario del messaggio, — da cui, tra
l’altro, si aspetta una reazione se questi ne ha
percepito lo stimolo.
Il gioco
concettuale della poetica di Barone è svelato:
la memoria è la forza di un’onda-corpuscolo che
costruisce relazioni in un ambiente. Il suo
“gioco” cognitivo consiste nel sovrapporre a un
linguaggio dei segni primordiali ed energetici
l’altro codice, che si avvale degli indici
tradizionali della rappresentazione. Mi
riferisco alla decisione di costruire le proprie
relazioni topografiche attraverso
un codice di forze, di direzioni e d’intensità
delle frequenze. E poi ci sono i rombi, che egli
intende come Aquiloni. A loro affida il suo
messaggio. L’aquilone permette uno sguardo
distaccato dagli eventi, e quando si libra
nell’aria per la gioia dei bambini, porta con sé
la leggerezza dei sogni e delle fantasie; e
nell’arte il volo promuove la funzione dei
codici arbitrari, che si sovrappongono come
nell’automatismo ingenuo di una pittura
naif, che è anch’essa relazionale e
“cognitiva”.
L’emozione
che Barone cerca di rappresentare con l’Archetip’art
è insita nel suo messaggio di natura antropologico-culturale.
Emozioni
culturali, luoghi dell’infanzia, l’urbanità
sopravanzante, i valori della cultura contadina
trasformata in operaia e poi in istruzione
post-industriale, egli ha visto sovrapporsi
durante le trasformazioni della sua città…
fisica, metaforica e linguistica. La vita
produce sempre un alternarsi di energie
informative e di disordini prodotti da entropie;
non a caso costruzioni e misurazioni, dopo una
“catastrofe”, si palesano sempre a chi
sopravvive nell’ambiente.
Qualunque
linguaggio
adotta l’uomo, egli è sempre pronto a produrre
misurazioni. Sembra, perciò, che l’artista ci
dica in che modo i suoi ambienti sono
attraversati, o raccordano, o vengono interrotti
dalla “poetica” ingenua e primordiale
delle sue misure comunicative.
Gli
archetipi energetici attraversano l’esercizio
del suo personale sistema di segni, e non si
assoggettano alle influenze e alle malie della
rappresentazione dei tempi. Il fascino attuale
dello spazio-tempo coevo permette di tradurre la
propria esistenza in comunicazione diffusa
e immediata, dove vero e falso sono misurate
come energie che cozzano o sono in sintonia per
raggiungere un obiettivo. Tutto dipende dai
canali, nei quali passano i quantum di
energie.
Ogni
percorso fisico-mentale rappresentato dai segni
topografici di Barone, e ogni percorso (o linea)
d’azione che egli traccia, si costituisce in un
ordine fluttuante di verità. Da
aggiungere, inoltre, che il suo e il nostro
percorso si sovrappongono continuamente, e
scambiano i ruoli; nonostante ciò il messaggio
prende il volo come se fosse un aquilone e
attrae lo sguardo di altri osservatori,
liberando ogni volta un personale “senso”, o
“ordine”.
In un
universo dove tutti costruiscono mappe di
cognizioni, dove tutti cercano relazionali
relative per attrazione, e dove tutti aspirano a
equilibri stabili nel proprio ambiente vitale di
connessione, Barone affida agli aquiloni i suoi
messaggi.
È come
se egli si allontanasse dalla vita quotidiana,
ne facesse un’astrazione concettuale, e si
volgesse poi a raccontare con il linguaggio
primordiale il “suo” “indeterminato” “fare” mappe.
Nino ha
prodotto il suo “metro” linguistico, attraverso
la reiterazione dei suoi segni paradigmatici. Le
lunghe strisce nere, energetiche, di stimoli
forti, coprenti, che raccordano luoghi dello
spazio-tempo a noi possono apparire ora
veramente come strade asfaltate
dall’informazione, ma potrebbero appartenere
anche ad una immagine della mappa interiore
costruita sul tipo della topologia visiva
neurale. Non importa, si può comunque immaginare
l’artista all’opera mentre dissemina di propri
segni di riconoscimento l’ambiente di un suo
“spazio-tempo pittorico archetipo”.
Tutto
emerge dalla percezione di uno stimolo.
L’arte di un artista che “riflette”
sull’organizzazione del linguaggio non può non
diventare stimolo per processi
cognitivi. Seguendo la codificazione di un
linguaggio elementare si può diventare
consapevoli di essere in grado velocemente di
raccordare, interrompere, delimitare,
attraversare, lasciare, resistere, rifiutare,
accogliere, trattenere i messaggi energetici
prima che non emergano come elementi di luoghi
fisici rappresentati con una qualsiasi
topografia linguistica.
Barone
traccia, dapprima, una mappa interiore,
energetica della visione, che rivela gli
ostacoli, o il ruotare intorno ad essi, o
l’affiorare di alcuni problemi relazionali, in
cui confluiscono e si sovrappongono costituendo
proprio quella rappresentazione della condizione
o dei percorsi emozionali dell’uomo di questo
tempo storico. Non si preoccupa di cercare una omeostasi,
perché è cosciente che le “catastrofi” in ogni
momento possono alterare gli equilibri trovati.
La
città, ricordiamo, è per la Bhagavad Gita o le
Upanishad — ma anche per il san Francesco di
Giotto e la cultura filosofica e artistica
medioevale, come per quella cinese di Confucio e
dell’I King (a cui C. G. Jung dedicò
un’introduzione alla prima pubblicazione
integrale tedesca), — un riferimento palese (o
una metafora) della vita che si svolge nel
complesso mondo del corpo, dalle nove porte. Il
corpo fisico — per il mondo degli archetipi
energetici — è unito in modo
indissolubile e si estende senza barriere al
corpo sociale, tanto che ciò che avviene nella
vita dell’interiore ha sempre corrispondenza
nella vita energetica dell’esteriore. Per questo
prima si può strutturare un linguaggio
attraverso forze che presentano un ordine
energetico, e poi può diventare un racconto di
segni o di simboli. L’invisibile diviene
visibile quando i segni planimetrici personali
acquisiscono e svelano relazioni coi “valori
cognitivi”, o i sentimenti, o i desideri, o le
forze, o le inibizioni di un organismo agente.
La planimetria interiore delle forze si è trasformata ora in un racconto segnico: misura gli umori interiori e l’emozione di Nino di fronte ai cambiamenti della vita. In questo senso l’Archetip’art trova il suo fondamento nei segni di questo artista. Il racconto (diegesis) di un luogo interiore può trovare piacere, imbarazzo o difficoltà nel comunicare o nell’imitare (mimesis) la propria energia segnica o la propria realtà interiore, ma ciò che conta, per me, è provare anche quel raccordo con l’ambiente, che si ottiene con l’emozione culturale attraverso le mappe che Antonio Picariello ha appropriatamente definito col termine Geocartoon.
Il
termine Geocartoon racchiude in sé
qualcosa che va oltre i segni dell’emozione che
organizzano qualsiasi caratteristico mondo
fantastico. In esso riscontro anche l’analisi e
l’osservazione di quello stimolo che
emerso qui e ora e che ci
consegna un’affiche
planimetrico-culturale dell’esteriore-interiore,
fruibile da tutti. In questo caso sembra che il
nostro autore voglia dare un maggiore fondamento
teorico al dispositivo concettuale e critico
dell’opera d’arte. Come se Nino Barone, con la
sua misurazione topografica delle energie,
intendesse solo dopo, in un tempo futuro,
mediare con i tropi la vita, e presentarcela tra
un racconto fantastico e le emozioni mediate
dalla cultura. Il suo archetipo è un’energia che
vuole diventare ordine e misura durante
l’emergere di un’attrazione relazionale.
Per ora fermiamoci, sebbene spinti solo da segnali indicatori, nel costruire storie su Aquiloni con gli archetipi e i segni linguistici di un artista ingenuo, qual è Nino Barone. Non va dimenticato, però, che il suo codice linguistico è organizzato in modo più preciso di quello simbolico, anche se è analizzabile solo col codice energetico del percorso, del raccordo, della biforcazione, dell’incrocio e dell’interruzione delle direzioni. Non a caso questo tipo di analisi permette a noi, oggi, di valutare all’istante le “frecce spazio-temporali” energetiche, supportati dagli strumenti di calcolo dei dispositivi informatici. Lontano nell’arte è quel tempo d’analisi della rappresentazione, per giungere poi con più approssimazione alle stesse conclusioni.
Fine
Artisti per l'Associazione CCSVI nella Sclerosi Multipla Onlus
La presente mostra - quale esposizione aderente alla Rassegna “Arti Visive, Rese Visibili” 12^ Edizione - è organizzata per il Progetto “L’Arte per la Ricerca” a sostegno della Campagna “Libera la Ricerca sulla CCSVI e sulla Sclerosi Multipla!” che intende sensibilizzare l'opinione pubblica italiana in merito alle difficoltà per i Cittadini di avere una ricerca scientifica totalmente libera, indipendente e non soggetta a condizionamenti economici, politici, ambientali provenienti da gruppi di potere politico, da baronie accademiche, o da lobbisti delle industrie chimico-farmaceutiche.